Riapre Atman, dal 19 maggio Igles Corelli a Villa Rospigliosi

Quattro stelle al suo attivo (tutte tatuate con orgoglio sull’avambraccio destro), i modi gentili, la passione per la popart, uno sguardo curioso, un’anima rock che lo spinge alla ricerca di nuovi sapori regalando al palato gustose sorprese, una filosofia che si basa su due fondamentali, l’instancabile voglia di fare ricerca per offrire una qualità sempre al top e la ferrea convinzione che la prima persona plurale sia da preferire alla prima singolare.

Questo è Igles Corelli, un giovane ferrarese di 60 anni che in cucina e nella vita è sempre alla ricerca dell’emozione che gli fa battere il cuore e che lascia un ricordo indelebile. Uno chef carismatico che dove passa lascia stelle, come le due al mitico “Il Trigabolo” di Argenta (Fe), una alla “Locanda della Tamerice” di Ostellato nelle Valli di Comacchio e una all’“Atman”, l’elegante e innovativo ristorante che da Pescia si è ora trasferito a Lamporecchio (Pt) all’interno di Villa Rospigliosi, una delle più belle dimore storiche toscane, progettata dall’architetto del barocco italiano, Gian Lorenzo Bernini.

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Atman, che in sanscrito significa il “soffio vitale” o “l’essenza dell’uomo” (il perno centrale sul quale ruota una ricerca sull’essenza ultima dell’individuo), riapre il 19 maggio nella nuova location con al timone lo chef cultore della “Cucina Garibaldina”, chiamato così per la sua innata capacità di valorizzare le differenti eccellenze della Penisola, e il maestro di quella “Circolare” perché, come dice lui, “in cucina non si deve sprecare nulla, ma tutto si deve trasformare”.

Con Corelli una squadra affiatata, sempre alla ricerca dell’eccellenza, entusiasta di cogliere nuove sfide e dal mood ovviamente rock: parlo di Marco Cahssai, il suo secondo da più di otto anni; Ronald Bukri, che prima di approdare all’“Atman”, ha lavorato al fianco di Paolo Lopriore oltre a fare diverse esperienze all’estero; l’atipico pasticcere andorrano, Jean-Marc Casado, che ama giocare con il salato nei dolci; Clarissa Del Corona e Rosa Gingillo. E poi lei, la trentenne pastry chef Ilaria Di Marzio che, prima dell’ “Atman”, ha lavorato con chef del calibro di Giancarlo Perbellini, Joël Robuchon e Alain Ducasse (per lei la Francia non fa parte solo del suo percorso professionale, è anche nel suo cuore, lei ama la concezione francese del dolce al piatto).

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Qui, sia in sala che in cucina, la priorità è l’attenzione alla qualità e al dettaglio sono d’obbligo per offrire agli ospiti un’accoglienza esclusiva e un’esperienza gastronomica unica e indimenticabile, un’emozione che crea una magia, che fa stare bene a tavola e capace di lasciare un ricordo indelebile nella memoria. Il servizio in sala è curato nei minimi dettagli da Francesco Perali (per anni parte del team di Gianfranco Vissani), da Giovanni Romani (esperienze nei migliori ristoranti stellati europei, tra i quali l’“Hotel de Ville” con Philippe Rochat e “Le Manoir aux Quat’ Seasons”), e da Alberto Ponziani, Katia Svetti e Gianna Tesi.
La ricca carta di vini, composta da 500 etichette scelte tra i migliori vini italiani, francesi e tedeschi, e da 100 etichette di champagne, è firmata dalla passione del sommelier Samuele Del Carlo.

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Nella cucina di Igles Corelli non mancheranno sicuramente le erbe aromatiche, la cacciagione ( ricordate che è della zona del Comacchio), la zucca, che esalta nel periodo in cui è stagione, il salame tipico delle sue parti, e lo sprint che lui definisce “il valore aggiunto di ogni mio piatto, dove tutti i sapori sono decisi e ben definiti”. E poi le emozioni, emozioni da entrambi i lati, sia per lui che per il cliente “il momento più emozionante in cucina è quando il cliente non ti chiede la carta, ma si affida a te, alla tua inventiva. Ecco, lì, dai il meglio della tua espressività”.

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Questo chef autodidatta (ebbene si, lui usa questa definizione) sicuramente continuerà ad affascinare con i suoi piatti e la sua personalità nella nuova sede dell’Atman, e chissà, forse riuscirà a raggiungere quello che per lui è da sempre l’obiettivo da quando è ai fornelli …la quarta stella.

Se fossi un piatto sarei uno dall’apparenza classica, ma dal sapore inaspettato. Un piatto antico, che però è sempre attuale. Come il “raviolo alla fornaia” che ho assaggiato al “San Domenico” di Imola. Sembra un tortello come un altro, profumato al tartufo, ma appena arriva al palato ti sorprende con il ripieno, che è un uovo liquido.”

Per gli ospiti del ristorante, aperto a cena da martedì a sabato e la domenica a pranzo, è prevista una visita guidata a Villa Rospigliosi che è un piccolo museo, ricco di opere d’arte e di affreschi.

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