Chi mangia pasta risparmia! Non solo nel fare la spesa ma anche nello spreco domestico, nei consumi di acqua e nelle emissioni di CO2. Come? Non è difficile…
Già oggi la pasta rappresenta appena il 3,5% in valore sul totale dello spreco domestico, (ma da qui al 2025 possiamo fare ancora meglio), e il percorso di responsabilità del settore pastaio ha ridotto negli ultimi anni del 20% di consumi di acqua e del 21% di emissioni di CO2 equivalente, ma, udite udite, il 38% della produzione di CO2 fa capo alla preparazione domestica di questo alimento, mentre lo spreco domestico di cibo in Italia produce 3,6 miliardi di tonnellate di CO2 annue e un utilizzo pari a 2,5 miliardi di m3 di acqua.
A fronte di questi dati a dispensare consigli sono scesi in campo i Pastai italiani per cercare di ridurre l’uso di acqua e di energia nella preparazione di un buon piatto di pasta, seguiti, dall’altra parte dell’oceano, addirittura Michelle Obama che suggerisce la cottura nella pentola a pressione, e, qui in patria, da Davide Scabin che,nel suo intervento a Identità Golose 2015 ha preparato una ricetta (la pasta all’amatriciana con l’aglio) utilizzando questo sistema di cottura, a suo modo antico (tipico degli anni Settenta-Ottanta) e moderno, sempre con l’obiettivo di risparmiare energia e di sperimentare strade nuove per la preparazione di un alimento supertradizionale.
Lo so, state storcendo il naso, ma se tutti utilizzassimo la pentola a pressione per cucinare la pasta, in Italia ci sarebbe un risparmio di 224 litri d’acqua all’anno procapite (bastano infatti 200 ml di acqua invece del litro canonico), per un totale di 17 miliardi di litri d’acqua risparmiati. Cioè più o meno l’acqua che serve a riempire 70 piscine olimpioniche.
Anche oltreoceano la cosa è stata presa seriamente: in America,sempre con l’intento di risparmiare risorse energetiche e ridurre le emissioni, dove dal 2009 si va sempre più affermando una tendenza a utilizzare sempre meno acqua per cuocere la pasta (anche mezzo litro per 100 grammi di spaghetti), stanno prendendo piede le cotture (o le rifiniture di cottura) “a risotto”, direttamente in padella, nel sugo.
Per la cronaca, la ricetta proposta da Michelle è “spaghetti pomodoro e spinaci cotti in pentola a pressione”: ovvero un metodo di cottura innovativo, amico della linea (niente grassi e 1/8 del sale normalmente utilizzato per la cottura) e dell’ambiente (meno acqua e gas dei fornelli).
Non è un caso, di fronte a questa sensibilità da parte di chi abita la Casa Bianca, dunque, che anche le nuove “Dietaty guidelines USA”, per la prima volta dal 1980, introducono l’importanza dell’impatto ambientale nella scelta del cibo da portare in tavola.
Cari pasta lovers i consigli non finiscono qui! In occasione dell’Earth Day da AIDEPI (Associazione industriale del dolce e della pasta italiani),è arrivato qualche consiglio pratico per diminuire, anche se di poco, l’impatto sull’ambiente nella preparazione di un buon piatto di pasta.
Ci consiglia di utilizzate solo la quantità d’acqua necessaria, in media 1 litro per 100 grammi di pasta, ma se è corta ne serve il 30% in meno (700 ml); usare sempre il coperchio sulla pentola per far bollire l’acqua in meno tempo e consumare meno gas; non mettere mai il sale prima che l’acqua inizi a bollire, poiché si rallenterebbe il processo di ebollizione: utilizzare l’acqua di cottura per innaffiare le piante in balcone ed evitare di sprecare nuove risorse idriche.
Ma tutti questi accorgimenti casalinghi, pentola a pressione inclusa, perché sono così importanti?
La fase di cottura a casa, diversamente da quanto si potrebbe pensare, è il passaggio che più può impattare sull’ambiente di tutto il ciclo della pasta, ben il 38% del totale dell’impronta carbonica lungo tutta la filiera che, se l’andiamo ad analizzare l’impatto che ha la pasta dal campo alla tavola, compresa la fase di produzione e trasformazione è davvero basso, si parla di 1 mq globale (vale a dire la misura dell’area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria a rigenerare le risorse consumate durante la produzione) per porzione di pasta. L’impronta ecologica di una porzione di pasta di 80 gr. è minima, appena 150 grammi di CO2 eq. Anche per quanto riguarda il consumo di acqua, la pasta è all’avanguardia. Basti pensare che un pastificio per produrre un chilo di pasta usa non più di 3 litri d’acqua.
Guardando in particolare alle emissioni di CO2 eq., ecco come risultano distribuite lungo il percorso dalla materia prima al piatto di pasta. Anche nella fase di coltivazione del frumento duro (37% totale emissioni CO2), attraverso tecniche agronomiche studiate con la massima attenzione, le aziende agricole mettono in pratica sistemi di produzione che, rifacendosi a metodi tradizionali, quali ad esempio la rotazione colturale dei campi, hanno un basso impatto ambientale e un’ottima resa qualitativa, limitando, tra l’altro, l’utilizzo di fertilizzanti chimici. L’imballaggio della pasta (6% delle emissioni di CO2 eq.) è costituito da materiali facilmente riciclabili (come il cartoncino o il classico film plastico) in modo da ridurre ancora di più l’impatto ambientale del consumo di pasta, come avviene nella fase di produzione del pacco, dove l’impatto ambientale rimane davvero limitato: si può notare come la trasformazione industriale, che include anche la molitura, si attesta al di sotto del 15% delle emissioni di CO2 eq. Anche la distribuzione si ritaglia una quota minima (4%) dell’impronta carbonica del pacco di pasta.
Altro fattore positivo è che la pasta concorre pochissimo allo spreco alimentare domestico: i numeri di una analisi realizzata da AIDEPI, in occasione dell’Earth Day 2015, valuta l’effetto sull’ambiente dei circa 48 kg di cibo che ogni anno la famiglia media italiana getta nella spazzatura, sia prima di cucinarlo (perché è scaduto o magari si è deteriorato) che dopo (perché si sono calcolate male le dosi). Proiettando i dati a livello nazionale e calcolando l’impatto sulle risorse del Pianeta di questo fenomeno, parliamo di 1,25 milioni di tonnellate di alimenti gettati nella spazzatura – per un controvalore di 8,15 miliardi di euro – che producono quasi 3 miliardi e 650 milioni di tonnellate di CO2 equivalente e uno spreco di acqua pari a 2,5 miliardi di m3 di acqua. Mentre la pasta è più virtuosa: pesa appena un 3,5% in valore e un 12,5% in volume sul totale spreco domestico, negli impatti sull’ambiente le percentuali scendono ad appena il 6,6% delle emissioni di CO2 totali e a un 8,6% dei consumi idrici (per produrre 1 kg di pasta sono necessari 15 litri di acqua, mentre ne servono 594 litri per 1 kg di carne di manzo e 77 per 1 litro di latte).
Ma si può fare di meglio, come suggerisce Riccardo Felicetti, Presidente del Gruppo Pasta di AIDEPI: si può arrivare ad una riduzione del 50% entro il 2025 del suo spreco alimentare domestico.
E noi ce la metteremo tutta!
Voglio solo dire che l’acqua per produrre qualcosa e quindi la pasta ritorna, dopo l’uso, nel cosiddetto ciclo dell’acqua, appunto, e non viene dispersa come volete farci credere. L’acqua infatti non può essere distrutta ne si scompone in altri elementi come succede per gli altri liquidi.