Sono ormai venti giorni che lo guardo e lo riguardo…che faccio lo apro o aspetto? Ne ho già tre aperti…ma si, oggi lo apro. Per una pasta e ceci del genere ci vuole lui, un principe del Molise che sin dal lontano 1669 protegge le terre della “verde Venafro”, che già Orazio decantava per il suo olio. Lo fa dal secolare castello nell’alta valle del Volturno, una possente struttura fortificata residenza rinascimentale della Casata dei Pignatelli, con i rilievi delle Mainarde e del Matese sullo sfondo e i profili dell’Abruzzo in lontananza. Lasciando stare i romanzi cavallereschi, che in fin dei conti amo per lignaggio materno, ho aperto (e subito “bevuto”) uno degli oli più interessanti che sono arrivati nella mia cucina negli ultimi tempi.
Un Molise D.O.P. , un olio extra vergine da agricoltura biologica prodotto dall’azienda Principe Pignatelli di Monteroduni, 3600 piante sui 40 ettari collinari a 200-250 m.s.l.m. protette in una sorta di nicchia ecologica dove si incontrano due bioclimi opposti, quello mediterraneo e il continentale, per accarezzare i suoi frutti e donargli un armonico profilo organolettico e una bassissima acidità.
Estratto a ciclo continuo a freddo (le olive vengono molite entro 6/12 ore dalla raccolta che avviene con brucatura a mano e scuotimento con ombrello) quest’olio viene prodotto sui 16 ettari dell’azienda adibiti alla coltivazione bio con le cultivar autoctone “paesana bianca” e “paesana nera” con una parte di “leccino” e “frantoio”.
Un olio fine e nettamente velato , giallo/verde, un dop fruttato medio, leggero con nuance di erba fresca e olive appena molite, retrogusto di mandorla, piccante ma delicato al palato, persistente, ottimo da abbinare con zuppe di legumi o farro, bolliti o arrosti di carne e pesce.
Finalmente ho l’olio che fa per la mia pasta e ceci !!
Dimenticavo…il Molise è una terra dai panorami mozzafiato, dalla natura incontaminata e dalla cucina saporita. Questa piccola regione, purtroppo cancellata ingiustamente dalla mente degli italiani, offre piatti particolari che ho scoperto facendo un mio personale tour virtuale-gastronomico.
Ho trovato piatti come la “Pezzata” di Capracotta, carne di pecora fatta a pezzi e cucinata a fuoco lento in paioli di rame stagnato, con acqua, olio, sale ed erbe di bosco; a Termoli, dove la cucina è legata naturalmente al mare, vanno sicuramente assaporati il “Brodetto”, unico per sapore e profumo data la sua particolare preparazione, e la triglia alla termolese, servita in diversi modi. Continuando trovo la “zuppa alla santè” di Agnone e le lasagne al forno con ripieno di carne di pollo e vitello di Campobasso, ed ancora la “pizza e minestra“, con farina di mais e pezzetti i verdura con olio e peperoncino; la “Pampanella” di San Martino in Pensilis, maiale a fettine cotto al forno con sugo ed abbondante peperoncino e la “Ventricina” di Montenero di Bisaccia, salame di maiale piccante essiccato.
Anche il tartufo che, udite udite, rappresenta il 50% della produzione nazionale di questo preziosissimo e profumatissimo tubero. Soprattutto nella provincia di Isernia, nel territorio dei Comuni di San Pietro Aveallana e Carovilli, si raccoglie, si vende e si trasforma insieme al fungo porcino, anch’esso molto diffuso lungo i pendii dei monti del Matese e delle Mainarde.
Allevamenti di ovini e bovini costituiscono un serbatoio importante di latte e di carne di alta qualità per la preparazione di mozzarelle, caciocavallo, trecce ed altri formaggi. Infine i dolci: basti pensare ai panettoni di mais di Campobasso, o alle “Ceppellate” di Trivento ed alle ostie di Agnone, che richiedono una lavorazione laboriosa e particolare, tramandata di generazione in generazione. Italiani mi sembra proprio il caso di ricominciare a ricordare….