Questa è una storia di vino, terra, passione, coraggio e famiglia. Da un passato vissuto nelle terre assolate di Pantelleria fino a gli anni della Tunisia, ad un presente con la Cantina Sant’Andrea a Borgo Vodice dove, a pochi km da Terracina, la famiglia Pandolfo produce vini fortemente identitari del territorio. Accanto alla cantina l’agriturismo “Seguire le Botti” in grado di offrire un’esperienza autentica della vita agricola, con ospitalità raffinata e accogliente, e l’esperienza, molto interessante, nel suo ristorante ospitato nell’affascinante barricaia dove la cucina è espressione dello Chef Pasquale Minciguerra che con i suoi suoi piatti esalta l’eccellenza degli ingredienti rigorosamente locali.


















I vini della “Cantina sant’Andrea“
Quello della famiglia Pandolfo è un racconto d’amore per la terra e per il vino che dal 1880 arriva fino a oggi, trasmettendosi di padre in figlio in una famiglia che da sempre è legata alla terra. Un’azienda che da vent’anni vanta anche una linea di 16 vini di pregio denominata “Acquarelli”, tra cui troviamo l’Oppidum, vino secco e molto profumato, 100% Moscato di Terracina D.O.C. che ne è il più nobile esempio, rappresentando in pieno la missione dei Pandolfo di valorizzare pienamente il territorio e le produzioni del basso Lazio. Oggi su questo territorio, sia pianeggiante che collinare, i Pandolfo sono presenti con più di 100 ettari di vigneti al centro della regione con appezzamenti che vanno da Borgo Vodice ad Aprilia, dove nel vitigno di Campo Soriano, con il suo terreno ricco di argilla rossa, sorgono le coltivazioni più antiche con il Moscato di Terracina, il Cesanese di Terracina, l’Aleatico e l’Abbuoto (o Cecubo). Accanto a questi troviamo la linea “Riflessi” con il Riflessi Bianco, D.O.C. Circeo bianco, da Trebbiano e Malvasia; il Sogno, vino rosso da uve Merlot e Cesanese; il Capitolium, Moscato di Terracina D.O.C. passito e l’interessante Riflessi rosé spumato, fresco, fruttato, floreale, dal perlage fine e persistente. E se già in Tunisia Andrea Pandolfo faceva il vino per popolo ebraico, oggi la produzione del vino Kasher per la Cantina Sant’Andrea è un punto di vanto, un onore e una responsabilità: il metodo kasher impone che solo persone di religione ebraica entri in contatto con il prodotto, dalla diraspatura alla produzione del vino, fino all’imbottigliamento, tutto deve essere fatto esclusivamente da operatori santi, due o tre scrupolosi rabbini provenienti da continenti diversi che ospitano in tempo di vendemmia. La sensibilità per questa terra ha spinto la famiglia Pandolfo a far realizzare le etichette da un acquerellista di Formia, Pompeo Cupo, che nel caso di Riflessi (Circeo D.O.C. rosso e rosato) si è recato sul Lago di Paola per riprodurre l’immagine della chiesa della Sorresca che si riflette nel lago, o Dune (Circeo D.O.C. Bianco da Trebbiano e Malvasia), in cui sono rappresentate le splendide dune di Sabaudia, perché l’idea “era quella di regalare a chi acquistava il vino oltre che il sapore di questa terra anche una sorta di cartolina della zona”.



La storia della famiglia Pandolfo
Ma torniamo alla loro storia avventurosa, e di resilienza, che inizia dai piccoli vigneti di uve zibibbo a Pantelleria da cui, nella seconda metà dell’800 Andrea Pandolfo, nonno di Gabriele Pandolfo emigra per giungere a Khanguet Gare in Tunisia nel 1880. Mettono in piedi la produzione vitivinicola che fa partire per la Francia navi con grandi carichi di vini fino al 1938, quando arriva la fillossera che provoca la perdita delle viti. Instancabili richiedono dalla Francia un innesto di barbatella che fosse resistente alla fillossera per tornare a produrre vino, e tutto procede fino al maggio 1964 quando il presidente tunisino Harbib Bourghiba espropria i possedimenti terrieri e mette alla porta tutti gli stranieri in Tunisia. I Pandolfo lasciano il paese mentre alla guida c’è Andrea Pandolfo II, figlio di Giovanni e padre di Gabriele, con sua moglie Elena. Giungono, dopo una breve tappa a Napoli, nelle terre di Borgo Vodice dove i Pandolfo hanno ritrovato prosperità con non pochi sacrifici, mentre le uve da vinificare arrivano solo con la vendemmia del 1968.


L’agriturismo “Seguire le Botti”
Il podere nel tempo, nel 2021, diventa anche agriturismo con un nome, “Seguire le botti”, nato dal loro instancabile ingegno: le insegne sono troppo costose, così si pensa a uno stratagemma, usare delle botti al loro posto, contando sulla disponibilità dei vicini a ospitarle davanti alle loro proprietà. I barilotti in castagno negli anni diventano il simbolo dell’azienda, al punto che la Strada del Renibbio inizia a essere conosciuta come la “Via delle botti”.
Un agriturismo con cinque stanze luminose con arredi di artigianato in massello di rovere come le botti, un giardino con alberi di ulivo, un meraviglioso glicine e un imponente albero di canfora, e le rose della signora Elena, uno degli indimenticati pilastri della famiglia, un luogo dove pranzare o cenare nella bella stagione. E poi la barricaia, elegante e affascinante, celata dietro una grande vetrata scorrevole che introduce l’ospite al ristorante “diffuso” al piano terra, diviso in accoglienti e riservate salette, oltre a questa sala più grande dall’indiscusso fascino.












I prodotti locali sulla tavola di “Seguire le Botti”
Questo è il palcoscenico dello chef Pasquale Minciguerra (napoletano, classe ’86), che crede nell’ unicità dei prodotti regionali ed è riuscito dar vita a una cucina che utilizza esclusivamente ingredienti laziali, tra cui la produzione interna all’azienda di vino e olio dop, di conserve di uva mono ingrediente, di miele, delle uova di galline ovaiole di molteplici specie (livornese, marans, brown, araucana, amrock, australop), della carne di anatre, faraone, oche e quaglie. Utilizzando una rete di produttori che riescono interagendo a dar vita a dei risultati sorprendenti come quello con la storica famiglia di apicoltori Maiero insieme a cui si produce il miele della casa, con l’azienda casearia dell’Agropontino Alveti & Camusi, con cui collabora per realizzare formaggi stagionati affinati al vino con Sogno, Oppidum e Riflessi per una produzione a quattro mani, che dà vita, tra gli altri, a un particolare formaggio a pasta rossa, in cui si aggiunge il vino direttamente nel latte, prima della cagliata.






Vere e proprie rarità agroalimentari di cui si scopre la ricca varietà laziale con una proposta di 30 varietà da “Seguire le Botti”: dalle zone di Frosinone e Picinisco arrivano caprini e pecorini spettacolari, questi ultimi in diverse varietà, oltre al classico romano D.O.P., quello di fossa e quello ai bronzi. E poi i formaggi erborinati, come il Blu di Valcomino, bellissima zona per prodotti caseari di altissimo livello. Troviamo anche il Nero di Amaseno, un formaggio stagionato di bufala, animale da cui derivano anche eccellenti mozzarelle, primi sale e ricotte realizzate dall’ azienda di Monica Macchiusi. Per gli stagionati anche quelli di origine vaccina tra cui il provolone Recco di Itri o i meravigliosi caprini di Monte Jugo. E poi, tra i fornitori attentamente selezionati, ci sono anche il pastificio Lagano, la Fattoria Lauretti di Amaseno, e Gaetano Mastrantoni per la carne di bufala, cooperative e produttori del vasto settore orticolo della regione.
Le proposte in menu utilizzando “tutto ciò che la terra dona“
Pasquale, che porta sulla tavola di “Seguire le Botti” l’autenticità, la genuinità e la passione, è impegnato quotidianamente nel proporre la sua idea di cucina utilizzando tutto ciò che la terra dona, attraverso pietanze apparentemente semplici ma realizzate con le tecniche di chi questa materia la studia da sempre. Il risultato è sorprendente: una proposta fortemente identitaria, accurata e allo stesso tempo riconoscibile, facendo comprendere fin dal benvenuto che arriva in tavola quale sia la forza del prodotto locale che si declina in un gioco di assaggi in grado di stupire.








Circondato dal profumo del vino Sogno che invecchia placidamente nelle botti, l’ospite viene accolto dalle migliori eccellenze che offre la stagione e con il pane caldo con lievito madre fatto con farine del vicino Molino Cipolla e almeno 48 ore di lievitazione, grande capolavoro del Sous Chef Alessandro Guratti, servito con l’olio evo monocultivar itrana della casa, un gesto che mette i commensali a proprio agio, ricordando loro la bellezza della semplicità… e la sua reale complessità.
Uno dei cavalli di battaglia dello chef è “Miseria e Nobiltà”, una pasta e patate che per la stagione fredda viene impreziosita delle note intense ed avvolgenti del tartufo di Rieti, un piatto realizzato con pasta mista assolutamente regionale fatta fare dal pastificio Lagano di Pomezia, una pasta dal morso ruvido che viene cotta con le patate gialle della Tuscia, a cui poi vengono aggiunte le patate Vitelotte viola e le Ratte in mantecatura. Il risultato è elegante alla vista e sorprendente all’assaggio.




Altra sorpresa da “Seguire le Botti” è “Bufalo e bufala”,una tartare di bufalo con stracciatella di bufala e broccoletti dove la carne della Fattoria Lauretti di Amaseno è condita con l’olio evo della casa e un olio affumicato dal sentore di brace. Accompagnata dal broccoletto, tipico ortaggio autunnale, realizzato in due consistenze, a chips e gelato, e da una foglia cotta a vapore per impreziosire la portata. Qui la stoviglia in cui è servita, è uno particolare piatto di ceramica, realizzato da un’artigiana di zona plasmando la terracotta su un tronco di ulivo.
Continua il dialogo con i produttori locali anche nei secondi in carta, in cui troviamo il Filetto di manzo, Livrea al lardo, funghi Cardoncelli e fondo bruno, dove la carne dell’azienda La Livrea è protagonista di un piatto che rappresenta una riflessione sulla tagliata. Un fondo rotondo viene profumato d’autunno con l’utilizzo di funghi in tre cotture differenti, cioè i Porcini crudi e i Cardoncelli fritti e alla brace.





Un tuffo nella tradizione si fa con la Salsiccia di vitella in crosta, fagioli del Purgatorio, scarola affogata, realizzata con la carne di vitella, più leggera e meno grassa, e i Fagioli del Purgatorio provenienti dalla Tuscia, in due consistenze, interi e frullati e messi a specchio sul piatto; la carne viene nobilitata dalla sua crosta di pan brioche e terminata con della scarola, in parte ripassata con le alici e in parte lasciata cruda.
Molto interessante è il Risotto al “Granello”, stracotto di bufala, rosmarino e limone dove il riso viene mantecato con il Granello, formaggio simile al Grana per consistenza e per sapore dell’Azienda Albeti e Camusi di Porgo Podgora, a cui vengono aggiunti rosmarino, succo e scorza di limone e il profumato Trombolotto del Simposio di Fabio Stivali. Sul fondo del piatto, nascosto dal riso, lo stracotto di bufala, che viene scoperto solo affondando la forchetta, per una perfetta sinfonia di sapori che viene impreziosita dalla polvere di spinaci, dal fondo di cottura della carne, dal limone candito e dai fiori di rosmarino, che chiudono il piatto.








Infine gli splendidi dolci, realizzati dalla talentuosa pastry chef Sophie Rafflegeau di “Seguire le Botti”. In questa stagione vengono utilizzate le eccellenze locali come lo zafferano, ingrediente principale dell’Oro di Campo Soriano…zafferano e gelato al Capitolium, una genoise alle mandorle, composta di arancia, spuma di zafferano e gelato al Capitolium. Altra tentazione golosa e scenografica è il dessert Lampone dei monti Cimini e cioccolato bianco, in cui la dolcezza lievemente acidula dei lamponi stempera quella del cioccolato bianco. Sulla base una spirale di cremoso al lampone, con gelato ai lamponi dei Monti Cimini, una spugnetta alla mandorla e una quenelle di cioccolato bianco. Il piatto viene impreziosito dai lamponi freschi, anch’essi ripieni di composta ai lamponi.
Qualche info:
Cantina Sant’Andrea
Agriturismo “Seguire le Botti”
Strada del Renibbio 1720
Borgo Vodice, Terracina (LT)