26 dicembre – Spesso le rotte sbagliate portano a meravigliose sorprese. Un tale sbagliando ha scoperto l’America….Era si il 26 dicembre, ma io non ho sbagliato rotta…anzi! Ma la sorpresa l’ho avuta lo stesso…
Umbria, vacanze natalizie a Spoleto come famiglia vuole. Dopo un paio di giorni casalinghi la domanda sorge spontanea: perché non passare un Santo Stefano diverso, dedicato ai miei due grandi amori, arte e cucina per un pomeriggio di coccole post natalizie?
Detto fatto! Grazie all’iniziativa spoletina “Mezz’ora dopo la chiusura”, realizzata dal Sistema Museo di Palazzo Collicola Arti Visive, in una ventosa e fredda (anzi gelida) serata di dicembre ho scoperto la bellezza storica di Montefalco, uno dei borghi più interessanti d’Italia, conosciuto come “la ringhiera dell’Umbria” per la sua posizione su un colle al centro delle valli del Clitunno, del Topino e del Tevere, rinomata per le sue chiese ricche di affreschi, per i tessuti di Montefalco ispirati ai disegni della tradizione, patria di vini come il Sagrantino e il rosso di Montefalco, ricordata per il suo ottimo olio DOP dal sapore fruttato e per il miele prodotto in assoluta genuinità. Un piccolo salotto circondato da mura che racchiudono cultura e sapori, due caratteristiche che continuano a farmi pensare al nostro paese come il più bello del mondo, malgrado tutto.
Parlavo di affreschi ed infatti con loro ho appuntamento verso le 19.00 nella chiesa, ormai museo civico, di San Francesco, la prima ad essere costruita entro le mura tra il 1335 e il 1338 dai frati minori, e nota in tutto il mondo per gli affreschi di Benozzo Gozzoli, il pittore fiorentino del primo rinascimento italiano che qui ha illustrato la vita di San Francesco d’Assisi creando un ciclo di opere capaci di fare scuola per la pittura a seguire. Rimango seduta in estasi anche di fronte ad una Natività del Perugino e degli affreschi di Scuola umbra del ‘400.
Dopo aver nutrito lo spirito, direi che è arrivata l’ora di nutrire anche il corpo che, grazie al cielo, con questo freddo brucia velocemente (almeno così spero!).
La via su cui si affaccia la chiesa- museo conduce direttamente alla sobria Piazza circolare dove si affacciano il Palazzo del Comune , la ex chiesa di San Filippo Neri oggi teatro, l’oratorio di S.Maria e alcune residenze signorili del XVI secolo, tra cui palazzo Bontadosi, oggi Art Gallery – Hotel & Spa, dove ho cenato nel ristorante al suo interno.
La prima cosa che ho pensato entrando è stata “mi piace, arte anche qui”. Si perché la passione del proprietario, Andrea Grisanti, ha trasformato il piano terra di questo edificio, dai soffitti affrescati, in una galleria d’arte dove si susseguono esposizioni e vernissage di diverse realtà artistiche da ammirare con calma, magari sorseggiando un calice di Sagrantino della nutrita cantina della “Locanda del Teatro”, il ristorante di Palazzo Bontadosi.
Qui, tra eleganza e semplicità, scopro la cucina di Pasqualino Titta e la personalizzazione di una cucina casalinga della tradizione umbra, da lui rivisitata secondo le stagioni, come posso vedere nel menu sobrio realizzato con prodotti di zona che cambia ogni due-tre mesi.
Solo trentacinque coperti, che in estate quasi si raddoppiano con i tavoli nel giardino con vista panoramica, in un ambiente moderno, elegante ed informale che bandisce le tovaglie per esporre tavolini quadrati, accostati in multipli, e realizzati in colatura di piombo e resina lucida. Tovaglioli in carta (di quelli che sembrano stoffa) e lunghe posate color ottone come i bordi dei tavoli accompagnano bicchieri per l’acqua colorati e calici bianchi per il vino. A gestire la locanda con Titta l’amico Paolo Galanti, meitre che accoglie in sala gli ospiti con un tocco di teatralità e raffinatezza come solo i camerieri di una volta sapevano fare, declamando ogni piatto con competenza e passione. Piatti che mi hanno coccolata accompagnandomi in una degustazione che sapeva “di casa”, anche se io non sono umbra…o meglio lo sono per acquisizione.
Il flan di ricotta con fonduta di cipolla allo zafferano sprigionava profumi e sapori in totale equilibrio mentre la cipolla, dolce e non prevaricante, era del tutto gradevole. I millequattrocentoventitrè chicchi gran riserva Carnaroli al Sagrantino di Montefalco, un risotto ben eseguito e con cottura perfetta, si rivela subito un piatto “con i numeri giusti” . La faraona in salmì (completamente disossata) su crostone di pane e patate di Colfiorito era perfetta per ricordare i sapori ed i profumi di un tempo, quelli che si trovavano nei giorni di festa delle case umbre e che ancora si possono trovare se tramandati. Per finire, un dolce semplice, un budino di pane e cannella alle uvette con crema inglese, forse un po’ troppo sostanzioso viste le dimensioni, ma ben realizzato, morbido, compatto e ottimo all’assaggio.
Un uccellino mi ha detto che qui anche gli altri antipasti sono una vera delizia: i crostini caldi con patè di fegatini di pollo (in Umbria sono tipici e onnipresenti) sono accompagnati da una composta di fichi al pepe, allo sformato di zucca viene aggiunta una salsa di salsiccia e amaretti, un uovo si mette in forma su uno zabaione di Parmigiano stagionato 36 mesi vestendosi con un mantello di tartufo pregiato. Così come sono interessanti anche i primi (c’è anche la pasta all’uovo tirata a mano con burro di malga e tartufo bianco o in versione tortelli pecorino, pere e pepe), e i secondi dove non mi stupisce trovare un “Polpettone casalingo accompagnato da maionese dello chef e misticanza dell’orto” piatto tipico delle nonne ma con un tocco di moderno nel presentarlo (“in verticale”) e nel realizzarlo con sole carni bianche. Tra i dolci scopro il semifreddo al Sagrantino e mandorle, il sorbetto al rosmarino e i fichi caramellati con ricotta di pecora e menta che pare siano stupendi.
A stupire è anche il conto: qui mediamente si spendono dai 25 ai 30 euro. Che ne dite? Si può fare?